martedì 15 novembre 2011

Siamo tutti rivoluzionari ma..

Su ogni questione mettiamo il nostro modo di pensare, siamo dei rivoluzionari.

Questo è buono ma...

Questo atteggiamento di ribellione ci solleva, e, a volte, ci inebria.

Ci solleva dalla routine che vorremmo cambiare, perché siamo un po' annoiati e spettatori, e ci inebria perché ci vediamo e sentiamo protagonisti.

Allora giù di rivoluzione, discorsi alimentati con parole e gesti che diano enfasi a ciò che proclamiamo. Abbiamo anche la ricetta o le ricette per risolvere le questioni, mancano alcuni ingredienti ma l'idea di massima c'è.

Attacchiamo tutto quello che, sulla base della nostra rivolta, non va.

Abbiamo due tipi di rivoluzionari:

Il rivoluzionario da seduto

Il rivoluzionario attivo

Il rivoluzionario seduto è un ribelle senza paure, contesta e predica l'attacco finale, l'azione da intraprendere. Conosce tutti i metodi per sistemare le faccende e portare il rinnovamento, ne parla, eccome se ne parla.

Altri, gli ascoltatori del momento, sempre seduti, si uniscono al leader e aggiungono idee e preannunciano mosse di rivoluzione in aggiunta. L'aria si scalda, i cuori si infiammano, la vittoria è vicina. Questa rivoluzione termina quando per doveri, l'ora è tarda. Ci si congeda salutando i rivoluzionari in riunione, sperando che qualcosa cambi, perché così non si può andare avanti.

Il rivoluzionario attivo

Ci sono (e non sono i black block), e ci sono stati, valgono, rinunciano, lottano, rischiano, trasformano, destabilizzano, sono pronti a subire un danno anche personale. Cambiano i metodi e quasi sempre in prima persona si espongono. Tanti sono i rivoluzionari attivi e operano in vari settori della società. Non tutti sono menzionati dai media e nei libri ma ci sono. Le loro storie ci affascinano, le loro dichiarazioni e sentenze filosofiche diventano le nostre le nostre speranze.

Sono andato da alcuni esperti e ho esposto la mia rivoluzione. Questi mi hanno informato del percorso che dovrei seguire e di come dovrei agire personalmente. Ho deciso!

Preferisco fare il rivoluzionario da seduto, è più intellettuale, ho meno rischi, la pensione non è intaccata, alcune azioni mi potrebbero far perdere faccende acquisite tramite altri che hanno fatto davvero la rivoluzione, le mie idee sono buone, ma gli altri non le capiscono. Così, da seduto, scrivo sui social network e sono contento quando qualcuno la pensi come me. Intanto penso, critico quello che non mi va. Mi scateno durate i telegiornali con esortazioni e ricette. Però, quando solo penso, capisco che per fare la rivoluzione sono necessari, prima di tutto, una serie di doveri che mi devo imporre per conquistare i diritti che la mia rivoluzione persegue. Capisco che l'azione ha un ruolo importante. Capisco che non vale la pena sbraitare e uscire con discorsi vuoti frutto della rabbia generata dall'incapacità di agire. Non agisco perché il mio vicino di casa, la mia famiglia, le cose che ho, il posto di lavoro, la macchinetta appena comprata o la l'appartamentino di 10 mq che ho conquistato con anni di sacrifici, posso subire uno shock. Trovo scuse sino a quando vivrò. Mi rendo conto che la mia non è una rivoluzione ma è la richiesta di soddisfazioni a bisogni personali, non collettivi per una società migliore.

La rivoluzione vede in modo più allargato e può anche non interessare una mia necessità specifica. Non sono pronto!

Le mie rivoluzioni sono come le commedie, divise in due parti, ciò che vorrei e ciò che faccio per fare ciò che vorrei. Le tue?