lunedì 6 dicembre 2010

Potenziali espressi

L'antefatto
Conosco un prete e i suoi ragazzi. Condivido con loro alcuni momenti di riflessione, argomenti tosti analizzati da varie angolature. Temi trattati da “seduti” quindi condivisi a livello teorico, lo sforzo, per praticare ciò che si è condiviso, non è ancora entrato in scena.

Normale!

Il fatto
Sono invitato ad uno spettacolo organizzato proprio da quei ragazzi. Il prete, nel porgermi invito, aggiunge: “Guarda che i miei ragazzi hanno lavorato bene!”.
Conoscendoli non avevo dubbi, ma nella mia povera testa, con ancora tanti spazi legati a preconcetti, mi sono sparato un film mentale. Avete presente i ragazzi dell'oratorio, in cerchio, che suonano la chitarra e si dicono che stanno bene insieme e tutti si vogliono bene? Perfetto, se qualcuno la pensa così fa parte del mio gruppo, “cervelli leggermente anchilosati”, senza offesa.
Torno all'invito.
Accetto per motivi di simpatia che provo per questo gruppo e per motivi legati anche al tipo di lavoro che svolgo, avere dati, capire il teorico discusso da “seduti” e verificarne l'effetto pratico.
Le rappresentazioni teatrali in sé, non mi hanno mai fatto sballare.
Ore 21 presente.
Il teatro, pur avendo un'entrata che agevola il flusso di gente, è congestionato, sono nella calca.
Entro, con gli occhi cerco i ragazzi e le ragazze attori del momento, sono nel retro, si stanno preparando.
Il mio tasso d’emozione comincia a salire, mi intrufolo nel retro. Eccoli! L'agitazione, l'apprensione sono le prime cose che si respirano. Ci salutiamo e ci scambiamo una serie di battute per esorcizzare il momento. Sono già pronti, vestiti e truccati, sono bellissimi.
Inizia lo spettacolo.
Le scosse al mio cervello si susseguono, scenografia e costumi curati anche nel dettaglio, musica live, voci, coro di supporto e luci armonizzavano il palco. “Ma questi non sono professionisti” mi sono detto mentalmente per sole due volte. Alla terza volta mi sono detto: sono più che professionisti.
Perché?
Perché erano guidati dalla determinazione, determinati a fare bene, entusiasti, si calavano nei personaggi che rappresentavano con aderenza, in quel momento erano il personaggio che recitavano.
Cantavano, ballavano e si muovevano con disinvoltura davanti ad un teatro in piena. Si erano preparati, avevano lavorato, ci credevano. Il palco trasudava di passione, forza. Avevano un obiettivo, far star bene il pubblico che aveva riposto in loro fiducia. Obiettivo raggiunto. Tutti inchiodati alle poltrone, le mani si battevano con frequenza. Che spettacolo! Seduto e basito, mi ripetevo: “Vai raga, state facendo, state praticando quello che, da “seduti”, vi ho sentito dire. State facendo! Boom!”
Volevate dare un esempio di lavoro di squadra? Fatto! Volevate far capire che con l'impegno si possono fare tante buone e utili cose? Fatto! Volevate far capire che siete capaci di cantare in cerchio con la chitarra e tanto di più? Fatto! Non continuo con l'elenco anche ce ne sarebbe per scrivere un testo a parte.
Avete fatto un gran lavoro.
Parole e intenzioni che prendono forma, è questa la caratteristica delle persone attive. Persone che non si limitano al parlare, ma si attivano per l'agire. Merce rara.
Sono trascorsi quasi tre giorni e ci sto pensando. Ringrazio tutti i ragazzi e le ragazze che mi hanno ricaricato e mi hanno fatto ricordare che si può, sì, si può fare!
Questi giovani, non professionisti, ora hanno un problema. Una questione da risolvere, hanno alzato la loro asticella di performance e non possono più abbassarla. Non si torna indietro, si va in avanti nella ricerca del meglio. Ciao ragazzi dateci dentro, la ricerca del meglio non è esasperazione, è dare espressione ai propri talenti.
Aveva ragione quando quello strano prete mi ha detto: “Guarda che i miei ragazzi hanno lavorato bene!”

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