martedì 12 maggio 2009

Ho sognato Darwin

Personalmente definisco questi sogni “causa di ciò che penso durante il giorno”.
Ultimamente sono impegnato nel discutere il termine cambiamento. Un termine che a me non piace ma, a quanto pare, è usato. Usato, detto e ridetto, ma la difficoltà è proprio la sua interpretazione. Ognuno interpreta il termine sulla base di ciò che è disposto a cambiare. Ecco il primo errore. Normalmente cambiamo nelle cose di facile attuazione, che non implicano uno sforzo, cambiamo quelle cose o atteggiamenti che non ci tolgono la finta sicurezza acquisita. Nel cambiamento, la paura di perdere ciò che si ha, è il freno più potente che c’è; l’azienda Brembo, nota per la qualità del suo sistema frenante, non riesce ancora ad eguagliare questa prestazione.

Darwin, prima di parlarmi della sua teoria, mi richiama all’osservazione. Per capire osserva, ascolta ciò che l’uomo, nella stragrande maggioranza, tende a fare.
Cosa ho notato?
Ho notato come le persone parlino del successo di altri, ammirano le loro gesta, apprezzano le loro parole, fantasticano sul come possono aver fatto, si affascinano sul loro atteggiamento e, alla fine della grande pensata esordiscono dicendo: “Si però sono stati fortunati!” Sembra che la fortuna sia il motivo che a permesso il successo di alcuni. Tutto questo avviene nei bar, nei punti di ritrovo, nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, ecc. Queste persone, mentre si intrattengono e spendono il loro tempo a pensare alle gesta di altri, sono assumono una postura rilassata, adottano un linguaggio da competenti in materia e assumono un atteggiamento del tipo: “Io so, come gira il mondo!” Spettatori a vita!

Perdono il tempo in supposizioni, critiche, ammirazione e meraviglia. Intanto, nello stesso momento, c’è qualcuno che fa, si dedica, rischia, decide di riuscire.
Vivono la loro condizione nella speranza che qualcosa possa cambiare, non decidono di modificare il loro modo d’agire, ma aspettano che attorno a loro qualcosa possa sostituire la propria incapacità di pianificare il cambiamento desiderato, per ottenere ciò che desiderano. Il gratta e vinci è solo un esempio. Desideri tanti, aspettative di più. Si sentono privati dalla “fortuna”, fortuna che a volte è passata, ma per paura e ottusità è stata respinta. Così, da vecchi, con la copertina sulle ginocchia, baciati da un sole pallido di primavera, magari a Sanremo, potranno dire: “Se avessi fatto …”
Darwin non mi ha convinto sull’evoluzione della specie. Credo che l’uomo abbia le carte in regola per decidere il proprio cambiamento come e quando vuole. Il freno, è nella sua testa o meglio, quello che ha dentro. Cambiare non significa cambiare l’abito, cambiare significa cambiare pelle, e questo, fa male! Cambiare è faticoso, la fatica è solo la paura. Osare, rischiare veramente, rinunciare, avere nemici che con soddisfazione remano contro, tagliare i ponti con ciò che si è sempre fatto, rimanere soli, giudicati, criticati.
Cambiare è fare tutto il contrario di ciò che fino ad oggi si è fatto. Se lo sforzo richiesto è troppo e non si vuole iniziare la lotta, non ci si deve lamentare per le cose che si desiderano, la frustrazione è una faccenda complicata. Per cambiare occorre …

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